Stefano Romano è stato battezzato a Napoli il 7 gennaio 1928 nella parrocchia di Santa Maria della Consolazione a Villanova – Posillipo (costruita dall’architetto Sanfelice), nato nella settecentesca Villa Patrizi in una famiglia della piccola borghesia, da genitori molto attenti alla crescita culturale, spirituale ed artistica dei propri figli.  Il padre,che aveva fatto la prima Guerra Mondiale come bersagliere, e la madre con ben undici figli di cui l’ottavo fu proprio Stefano.

Per la quotidiana frequentazione di Villa Patrizi, ebbe come sommo benefattore ed educatore il cappellano dei marchesi Patrizi, padre Carlo Massa dei baroni di Galugnano, che celebrava quotidianamente la Messa nella cappella della villa, il quale fu fondamentale e determinante per la vita futura di Stefano Romano sia per la formazione religiosa che per lo sviluppo della sua personalità artistica.

Sempre per la quotidiana frequentazione di Villa Patrizi entrò in contatto in primissimo luogo con Livio, figlio di Agostino Patrizi e della marchesa Elisa Stevens, nato talento eccezionale di pianista ed allievo di pianoforte di Emilia Gubitosi che lo introdusse nella casa Gubitosi/Napolitano. Conservò l’amicizia con Livio Patrizi fino alla sua tragica fine. Per questa frequentazione entrò in contatto con membri dell’alta nobiltà di Napoli e dell’arte napoletana tra cui Bruno Canino, Francesco d’Avalos, i marchesi Carignani, i duchi del Pezzo di Caianello, la baronessa Franceschina Coppola-Picazio, la nobildonna Margherita Martelli di Soffiano (Firenze).

Dopo gli studi classici, ha frequentato la Pontificia Facoltà Teologica di Capodimonte Sez. San Tommaso d’Aquino ed è stato ordinato sacerdote dall’indimenticato Cardinale Marcello Mimmi. Negli stessi anni ha dimostrato una grande sensibilità verso la Musica Sacra ed un precoce talento musicale; dopo i primi studi con il maestro del duomo di Napoli Fortunato Scalella, fu accolto nel Conservatorio “San Pietro a Majella” da Franco Michele Napolitano, Alessandro De Bonis, Gennaro D’Onofrio ed Emilia Gubitosi, vi ha conseguito i Diplomi in Organo, Pianoforte e Composizione sotto la guida di valenti insegnanti tra cui, oltre ai suddetti, Renato Parodi e Domenico D’Ascoli ed anche, per breve tempo, Vincenzo Vitale.

Ha poi partecipato a vari corsi di perfezionamento sotto la guida di Fernando Germani e Luigi Dallapiccola presso l’Accademia Chigiana di Siena. E’ stato assistente ecclesiastico del Comitato Napoletano “Messa dell’Artista” e Presidente della Commissione di Musica Sacra presso la Curia Arcivescovile. Ha insegnato nei Conservatori di Foggia, Napoli ed Avellino. E’ Ispettore Onorario del Ministero dei Beni Culturali e membro della Commissione nazionale di organologia, nonchè Direttore del Segretariato Organologia dell’Associazione Italiana Santa Cecilia (A.I.S.C.).

Ha propugnato la conservazione degli organi storici e la costruzione di organi nuovi con criteri rigorosi ed artistici, affrontando a viso aperto le numerose opposizioni. Va ricordata la sua continua battaglia combattuta in ogni occasione (convegni, incontri, scambi epistolari ecc.) contro l’esodo di tantissimi organi napoletani venduti -o, più spesso, svenduti- dai titolari di chiese ed istituti ad antiquari, collezionisti ed appassionati di ogni parte del mondo; va anche ricordata la sua dura requisitoria contro i restauri poco rispettosi condotti da organari senza scrupoli e privi di ogni senso artistico.

Ha pubblicato monografie su organi storici di notevole interesse artistico, nonché articoli e saggi di argomento musicale e religioso. In alcuni scritti ha reso ampia giustizia a brani religiosi di lunga tradizione oggi sottoposti ad ingiustificate censure ed ha saputo sfatare luoghi comuni e dicerie con ricerche documentali ineccepibili e con uno stile espositivo di rara chiarezza e forza espressiva.

Ha unito all’attività di docente, di studioso e di scrittore un’intensa carriera concertistica che ne ha rivelato le qualità di finissimo e rigoroso interprete, soprattutto nel campo della musica dei maestri napoletani, dai quali ha ereditato in linea diretta la cultura e la sensibilità artistica.

Molti suoi allievi sono oggi apprezzati organisti e noti musicisti, contribuendo a confermarne la fama di caposcuola e degno successore del maestro Napolitano.

Anche nella sua famiglia non mancano talenti artistici di particolare bravura come i suoi nipoti David Romano (violinista) e Diego Romano (violoncellista), professori dell’orchestra sinfonica nazionale “Santa Cecilia” di Roma la cui madre, Marisa Carretta-Romano, è rinomata insegnante di pianoforte al Conservatorio di Napoli. Sono tra l’altro fondatori del sestetto “Stradivari”, che si esibisce con pregevolissimi strumenti.

L’instancabile attività di Stefano Romano è stata temporaneamente interrotta a causa di problemi di salute nel giugno 2002, ma alcuni mesi dopo egli riprendeva l’attività artistica, grazie alla sua incrollabile fede ed all’innata forza di volontà.

Sicuramente la sua opera saggistica più impegnativa e che più di tutte testimonia la sua lunghissima carriera artistica e la sua autentica competenza in materia non solo musicale ma anche storica, artistica, culturale e religiosa, è il trattato “L’Arte Organaria a Napoli” in due corposi volumi, il primo dei quali, pubblicato nel 1979, raccoglie l’attività instancabile di studio, catalogazione, ricerca bibliografica e sul campo condotta tra enormi difficoltà nel corso di decenni. In esso sono descritti gli strumenti presenti a Napoli, nelle condizioni in cui si trovavano prima del terremoto del 1980. Nel secondo volume, pubblicato nel 1990, viene completato l’orizzonte con gli organi delle aree periferiche dell’Arcidiocesi di Napoli, con un gran numero di fotografie a colori; l’appendice, inoltre, contiene la trascrizione integrale del rarissimo trattato di registrazione che l’organaro Giovanni Favorito scrisse come “libretto illustrativo” delle possibilità foniche dell’organo a 3 manuali da lui costruito per la chiesa di S. Carlo all’Arena, organo purtroppo distrutto da un incendio nel 1923. Quest’opera -oltre ad essere una sicura fonte di riferimento- rappresenta un prezioso ed insostituibile database degli organi napoletani e di tante opere d’arte presenti nelle medesime chiese, alcune di esse purtroppo non più visibili – http://www.liberexitcultura.it/?p=2423.

L’indimenticato Mons. Luigi Maria Pignatiello, direttore dell’Ufficio Catechistico della Curia di Napoli, nel recensire l’opera del Maestro Romano così titolò: “Un’opera che onora il Clero e la Cultura di Napoli”. Lo stesso Romano ha fatto della sua opera doverosissimo omaggio ai sommi pontefici S.Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Nel “Piccolo Diario Musicale”, invece, Romano raccoglie alcune sue pregevoli composizioni musicali per organo, pianoforte, ensembles cameristici e vocali. L’opera ha avuto una lusinghiera recensione da parte di Mons. Luciano Migliavacca, per oltre quarant’anni Maestro di Cappella del Duomo di Milano e direttore del Segretariato Compositori dell’A.I.S.C., “chi conosce don Romano all’A.I.S.C. e lo ascolta parlare di organi, organologia, restauri, comprende che si trova davanti ad un esperto: è così ma non è soltanto così: Stefano Romano a chi legge ed esegue le varie pagine del Diario, appare come un vero autentico compositore”. Il maestro Migliavacca, per decisione unanime del Comune di Milano ha avuto inciso il suo nome nel Famedio Cittadino.

Stefano Romano ha poi dimostrato la sua competenza in occasione di diverse consulenze organologiche tra cui la ricostruzione dell’organo di destra della Chiesa del Gesù Nuovo, i restauri di pregevoli organi storici napoletani (S. Maria Piedigrotta, Basilica di Capodimonte, ecc.). Ha collaborato alla costituzione del Museo degli Organi Storici Napoletani raccogliendo strumenti lasciati in stato di abbandono e degni di ripristino.

Degno di rilievo altro episodio: con l’autorizzazione del Cardinale Michele Giordano, all’epoca Arcivescovo di Napoli, si prelevò dal predetto Museo degli Organi Antichi di Capodimonte un positivo costruito dall’organaro napoletano Domenico Curci nella seconda metà dell’ottocento; il restauro fu curato dalla Ditta di Enrico Vegezzi-Bossi e Bartolomeo Brondino di Centallo (CN); le spese furono affrontate dalla Augustissima Arciconfraternita della SS.Trinità e dei Pellegrini e dei Convalescenti di Napoli (a quel tempo con primicerio l’ing. Vincenzo Carpio). L”organo fu collocato nella cappella Materdomini (chiesa inferiore dei Pellegrini) e il concerto fu eseguito alla presenza del Cardinale Giordano. Lo strumento è stato opportunamente affidato in comodato alla ricordata Arciconfraternita. Lo stesso Stefano Romano ha curato e documentato una monografia sull’episodio, per lunghi anni egli è stato organista dell’Arciconfraternita (nella Chiesa Grande -disegnata da Carlo Vanvitelli- c’è un organo Tamburini).

Di fronte alla diversità e alla molteplicità delle interpretazioni dei docenti e delle edizioni tipografiche di opere di antichi autori -specialmente di J.S.Bach- il nostro ha deciso di dare un suo contributo con la traduzione in lingua italiana del fondamentale trattattello di Walter Emery edito da Novello – Londra “Gli abbellimenti di Bach” edito da E.S.I. – Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli, con la collaborazione dell’ing. Giovanni Vitagliano e del maesro Luigi Ferdinando Tagliavini che ne ha curato la prefazione.

Ha poi scritto un trattato sull’Ave Maria di Schubert, sfatando numerosi luoghi comuni spesso diffusi anche presso il clero, che ne travisano il testo, lo spirito e l’espressività musicale.

Colpito dal fatto che a disposizione degli studenti del conservatorio “S.Pietro a Majella” di Napoli non vi fosse un organo storico di fattura napoletana, Stefano Romano ha preso l’iniziativa di salvare uno storico organo costruito da Cimino nella seconda metà del XVIII secolo e conservato nella cappella della confraternita di S. Margherita a Fonseca. L’iniziativa è stata accolta con favore da Roberto De Simone (allora direttore del Conservatorio) e attuata con il sostegno fattivo ed economico del sindaco del Comune di Napoli Antonio Bassolino.

“Vago e Dolce Concento – L’arte di sonar l’organo a Napoli” è, infine, un raro CD, pubblicato nel 2003, contenente diversi brani registrati alla consolle del già citato organo Rossi 1769 della Basilica di Capodimonte. Edito in numero limitato di copie dalla Ditta Visual Arts di Gaeta, è attualmente l’unica incisione discografica contenente musica di autori napoletani interpretata da un organista napoletano su di un organo napoletano conservato a Napoli.

Il 22 novembre 2008 –festa di Santa Cecilia– ha ricevuto il premio di “Organista di Chiesa” dell’anno da parte dell’Associazione Italiana Organisti di Chiesa, giusto coronamento di una lunghissima carriera di organista a servizio della Chiesa.

Tra le sue ultime fatiche letterarie ricordiamo due pregevoli saggi: “La chiesa di S. Stefano al Vomero. Dall’Archivio di una Chiesa di Campagna” (Ed. Ecclesiae Domus, Napoli, 2009) – http://www.liberexitcultura.it/?p=2376 – e “Domenico Antonio Rossi. Organaro, Napoli 1769. Racconta” (2012).

febbraio 2016

Graziano Fronzuto

N.B. nelle fotografie: Don Stefano Romano all’organo Balbiani di San Gioacchino a Via Orazio a Napoli, da lui stesso progettato; durante l’inaugurazione del restauro dell’organo Pacifico Inzoli di San Rocco a Pietramelara (CE); alla consolle dell’organo Mascioni di Santa Chiara a Napoli, progettato da Fernando Germani.

APPENDICE

Nonostante l’età molto avanzata, nel 2021 Stefano Romano ha dato alle stampe un ulteriore suo contributo alla musica di Napoli: “Gerolamini – Archivio Musicale – Documenti Memorie Testimonianze”, un trattato di oltre 470 pagine in cui ha raccolto oltre al catalogo delle partiture conservate nel monastero dei Gerolamini a Napoli compilato da Salvatore di Giacomo una serie di memorie, testimonianze, documenti di ogni tipo riguardanti soprattutto la sua attività musicale e le persone in vista con cui ha avuto rapporti nella sua lunga vita. Dopo pochi mesi da questa fatica letteraria, Don Stefano Romano si è spento il 25 marzo 2022 -Solennità dell’Annunciazione- a 94 anni di età e qui ne faccio doverosa e sentita memoria.

Le esequie sono state celebrate il 26 marzo 2022 nella sua parrocchia di appartenenza: San Vincenzo Pallotti. Per questa chiesa don Stefano Romano aveva chiesto alla Curia Arcivescovile di trasferire un organo integro abbandonato in una confraternita del centro di Napoli, a sue spese, ma senza mai ricevere risposta. Così per la musica ci si è dovuti accontentare dell’organo elettronico Devreaux presente in chiesa, suonato  magistralmente dal suo allievo Giorgio Muto con l’assistenza dell’organaro Gian Marco Vitagliano.

Marzo 2022

Graziano Fronzuto

Commenti

commenti