Domenico Antonio Rossi. Organaro, Napoli 1769. Racconta. A cura di Stefano Romano

Napoli, 2012

Recensione di Graziano Fronzuto

Con grandissima gioia ho avuto l’onore di ricevere questo preziosissimo volume dalle mani dell’Autore Don Stefano Romano, mio mentore in Storia dell’Arte Organaria. L’Autore è infatti uno dei massimi conoscitori della materia di cui è indiscusso caposcuola. E’ anche eccellente organista, compositore, didatta oltre che scrittore, insomma un Maestro in tutti i sensi e in tutte le attività artistiche in cui si è cimentato.

Il testo –ultima sua fatica letteraria in ordine di tempo– illustra ai lettori fatti ed eventi di cui l’Autore è stato protagonista partendo dal restauro dell’eccellente organo costruito nel 1769 da Domenico Antonio Rossi, organaro della cappella del re di Napoli, e conservato nella Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte. Lo strumento, di grande valore storico ed artistico, è stato restaurato nel 1994 da Riccardo Lorenzini. L’Autore, che di tale restauro è stato promotore e protagonista, con la grande modestia che lo contraddistingue, si immedesima nell’organaro Rossi e finge che sia lui a raccontare la storia di questa sua opera e di come sia giunta ai giorni nostri.

Il restauro è stato consentito –oltre che dalla sensibilità personale e dall’impegno disinteressato ed instancabile dell’Autore– da un lascito di tre sorelle dell’alta borghesia napoletana, che viene minuziosamente descritto e documentato per dare al lettore la massima precisione nella valutazione dei fatti. In particolare viene letteralmente affrescata l’intera epoca in cui le tre sorelle sono vissute e vengono ritratti in modo completo ed ineguagliabile i protagonisti della vita culturale, artistica e religiosa della Napoli di quegli anni.

A tutto ciò (che non è affatto poco, anzi!), l’Autore aggiunge una serie di ricordi personali anch’essi documentati in maniera impeccabile grazie ad una ricca serie di fotografie (con didascalie così dettagliate da costituire nel loro insieme un ulteriore vasto capitolo del libro) che spaziano nell’arco di molti decenni. Tra queste spicca la grande foto dell’esecuzione dello “Stabat Mater” di Rossini, allestita nel 1942 (centesimo anniversario della composizione di questo capolavoro) al Teatro San Carlo, in cui l’Autore è ben riconoscibile in alto a destra tra le fila del grande Coro.

La Storia –quella con la maiuscola– si intreccia con i ricordi personali, avendo avuto l’Autore la possibilità di incontrare personaggi di spicco e di vivere esaltanti esperienze. Scorrendo le pagine si ha la sensazione di esserci calati dentro: viene subito da pensare che solo chi ha vissuto con l’animo attento e profondo può narrare con tanta passione e intensità, che traspaiono in ogni pagina.

Non è possibile sintetizzare il contenuto o evidenziare questo o quel fatto, questo o quel personaggio, questo o quell’evento: in effetti sono tutti egualmente importanti, tutti egualmente rappresentativi, tutti egualmente degni di nota. Testimone attento e –come si è detto– spesso protagonista, l’Autore riesce a convincere e soprattutto ad avvincere pienamente il lettore, che si immerge e si immedesima e si sente anch’egli parte viva di ciò che è narrato con tanta maestria.

Si incontrano così, insieme all’Autore, membri di famiglie nobili e dell’alta borghesia, prelati e figure di spicco della Chiesa, benefattori e mecenati, e soprattutto musicisti di grande statura artistica. Ognuno ha lasciato una traccia indelebile nella Storia, e l’Autore ne dà testimonianza con precisione e ricchezza di approfondimenti.

In conclusione, si apprezza in modo vivo ed esauriente la meticolosa precisione con cui l’Autore ha curato il testo, ogni riproduzione documentale, ogni fotografia ed ogni didascalia. Tutti i dettagli sono al loro posto, cosa davvero notevolissima data la mole e l’impegno. Del resto, il lavoro rispecchia perfettamente la personalità e la statura professionale ed artistica dell’Autore.

Perciò non posso che consigliare a tutti gli appassionati di Storia, di Arte, di Musica di avere nella propria Biblioteca questo volume, possibilmente nel posto d’onore che ampiamente merita. L’impressione complessiva è del tutto coerente con le altre Opere del nostro Autore, e cioè –senza inutili giri di parole– si ha a che fare con qualcosa fatto esattamente come si deve! Per dirla nella lingua napoletana, ed appropriandosi delle parole rivolte all’Autore stesso da Emilia Gubitosi (di cui l’Autore è stato uno degli allievi prediletti) “veco na’ cosa fatta comme s’hadda fa!”

Per la biografia dell’Autore, Stefano Romano: https://liberexitcultura.it/stefano-romano/

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